Operazione Fischreiher

Operazione Fischreiher
parte della battaglia di Stalingrado
Colonna meccanizzata della 24. Panzer-Division avanza nella steppa verso Stalingrado
Data17 luglio – 19 agosto 1942
Luogoregione del Don
Esitovittoria tedesca non decisiva
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
187.000 soldati, 550 mezzi corazzati, 454 aerei250.000 soldati, 740 mezzi corazzati, 1.200 aerei
Perdite
circa 57.000 prigionieri e dispersi, 1.000 mezzi corazzati, 750 cannoni[1]
Secondo altre fonti: 35.000 morti e prigionieri, 270 carri armati, 600 cannoni[2]
dati non disponibili
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Operazione Fischreiher (operazione "Airone") era il nome in codice assegnato dall'Alto comando tedesco all'offensiva sferrata dal Gruppo d'armate B nella seconda fase dell'offensiva tedesca nel settore meridionale del fronte orientale nell'estate 1942 durante la seconda guerra mondiale. Scopo dell'offensiva, affidata soprattutto alle forze mobili della 6ª Armata del generale Friedrich Paulus, era di distruggere il raggruppamento sovietico schierato nell'ansa del Don, avanzare verso Stalingrado e conquistare l'importante città industriale sul Volga.

La battaglia (conosciuta nella storiografia tedesca anche come la Panzerschlacht bei Kalač, "la battaglia di carri di Kalač") fu caratterizzata da una serie di complesse manovre delle Panzer-Division tedesche e dalla strenua difesa delle più deboli forze sovietiche che tentarono anche di contrattaccare per frenare l'avanzata nemica verso il Volga. Dopo un mese di scontri le truppe tedesche completarono con successo la conquista dell'ansa del Don e costituirono teste di ponte sul fiume per la marcia finale su Stalingrado, ma non riuscirono a provocare un crollo definitivo delle difese sovietiche che ripiegarono a ridosso della città e furono in grado di consolidare la loro resistenza all'interno dell'abitato che si sarebbe prolungata per tre mesi fino alla vittoriosa controffensiva del 19 novembre 1942.

  1. ^ AA.VV., Germany and the second world war, vol, VI, p. 1065.
  2. ^ Y. Buffetaut, De Moscou a Stalingrad, p. 74.

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